Eran finite finalmente le scuole.Eravamo liberi di scorrazzare tutta l'estate.io e la mia combricola.Non ancora adolescenti,ci ritrovammo ai soliti giardini.Che facciamo oggi?Andiamo a ciliege,conosco un posto in collina,dove son grosse,di quelle dure,dolci.Così decidemmo alla proposta del Franco.Ci procurammo una sacchetta di tela (la plastica non aveva fatto ancor comparsa)e ci avviammo al luogo.Mezz'ora di buon cammino ed arrivammo al giardino dell'Eden. Ecco i ciliegi erano là.Appena sopra il muretto,carichi all'inverosimile di rossi frutti.In un battibaleno l'ostacolo fu superato e cominciammo a staccar ciliege,un pò nel sacco e un pò in bocca.E continuavamo ad avanzare,sembrava che l'albero dopo fosse più attraente del precedente,distanziammo così il luogo della salita.Ma c'era chi ci aspettava.Il contadino,probabilmente il padrone,sapeva che le ciliege attirano i merli.e noi eravamo dei bei merli di città.Ci aggirò e ci prese alle spalle mentre eravamo intenti alla nostra raccolta,al furto organizzato."Ah vi ho preso stavolta" gridò avanzando per lo stretto sentiero,armato di una bacchetta di salice,che avrebbe fatto un gran male,riceverla sul groppone e sulle gambe.Avanzava brontolandoci contro,con i suoi grandi zoccoli di legno,i piedi nudi,abbronzati dal sole della collina.Via,via,gridammo,colti dalla paura,ma ci mettemmo in trappola.Correndo in avanti,seguendo il sentiero ,filavamo diritti verso il cancello che conduceva al cortile interno del cascinale,che sovrastava la proprietà.Il sentiero era a destra occupato dal filare di ciliegi,a sinistra da una siepe di rovo,che costeggiava il muretto che avevamo scalato nell'unico posto sgombero da spine.Ma oramai il passaggio,la via di fuga,l'avevamo sorpassata,avremmo preso un sacco di legnate ma non mollavamo ancora il sacchetto.Cinque o sei ragazzini in fuga,con me in testa.Mi decisi all'istante.Meglio le spine,che i colpi di scudiscio di legno flessibile e magari per giunta qualche sberla e calcio in culo.Non andavan per il sottile i contadini.Lo sapevamo per esperienza.Mi tuffai letteralmente nel roveto,a pesce e gli altri mi seguirono.Avevo aperto un varco schiantando rami e rametti di spine.Aprendo un foro nell'ostica siepeNon so come fu ma neanche un graffio,neanche uno strappo nella camicia e nei pantaloni,Gli altri lo stesso.Il contadino ci guardò fuggire per il sentiero sottostante,perplesso.aveva giudicato i rovi insormontabili forse.Ma noi ce l'avevamo fatta.Avremmo mangiato le sue ciliege.Solo i conigli selvatici si tuffan nei rovi senza pungersi.Noi,allora,lo stesso.Il cascinale esiste ancora,come il muro di cinta.I ciliegi pure,seppur abbandonati,abbondano di ciliege che nessuno raccoglia.Non ci son ragazzini a rubarle.Che fine avrà fatto il contadino?Forse dall'alto dei cieli osserverà quel suo faticato campo e penserà:"Meglio quando venivan a rubarle le ciliege.Gli alberi soffrivano meno allora.non erano costretti a portare inutilmente frutti,fino alla caduta.Bah che tempi!"
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